Per molto tempo ho privato me stessa del diritto di AMORE; di ritenermi un soggetto meritevole di tanta benedizione. Al di là dell’amore “sentimento” che lo ricorda – vagamen-te, per me – sono stata folgorata dal tocco d’un Amore più grande durante il mio percorso spirituale e di autoconoscenza. Uno stato dell’Essere in cui ho riconosciuto una casa d’origine, dove anche io avevo il mio posto. L’ho “toccato” con mano, e gli ho creduto.
Lì ho compreso che fino ad allora non avevo voluto stringergli la mano perché, dentro di me, temevo la sua potenza. Quando gli ho dato una possibilità, ho sentito un gran male perché è come se un immenso oceano fosse passato per una porta al centro del petto, così piccola che sono come morta dal dolore per poi ritrovarmi tra le braccia di quella distesa che mi nutre di Vita. Come una diga che si rompe, permettendo all’acqua di prendersi tutto ciò che incontra.
A volte sento ancora male, quando c’è alta marea e questa si infrange su grezza roccia. È il dolore più dolce: quello che bacia le ferite e sprona ad un nuovo inizio.
Serena Derea
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