Takiwatanga: nel suo tempo, nel suo spazio. Il termine utilizzato in lingua maori per indicare l’autismo.
Rispetto a decenni fa si sa molto di più sull’autismo ed esistono strutture che aiutano le famiglie con figli che rientrano nello spettro autistico e che dunque non sono lasciate più sole con le loro paure per il futuro, la solitudine, i pregiudizi.
Consiglio la lettura di questo libro sul caso di Cesare scritto da Giovanni Tommasini, educatore per individui con disabilità e da Maria Teresa De Donato, dottoressa in naturopatia e coach. Entrambi affrontano questo delicato argomento con un linguaggio accessibile a tutti e con un approccio focalizzato sull’umano e sulle capacità, alcune notevoli, di chi rientra in questa diagnosi e può essere aiutato ad esprimerle.
Allo studio di Tommasini si aggiunge il contributo della De Donato che rafforza il suggerimento di considerare l’autismo non più focalizzandosi solo sulle difficoltà, ma cambiando prospettiva per concentrarsi su come aiutare chi vive questa disabilità a vivere con una qualità di vita migliore, più indipendente e beneficiando dei propri talenti, considerato che sovente si tratti di individui con un QI elevato.
È importante conoscere per facilitare, in modo che gli educatori possano confrontarsi meglio e anche i genitori possano ridurre il grado di preoccupazione per il futuro di un figlio che non potranno più seguire quando non ci saranno più. Che sarà di lui? Come farà a integrarsi in una società che omologa, da cui si sente minacciato?
Cos’è la normalità? Perché non parlare invece di unicità? Come libertà d’essere sé stessi e con l’opportunità di essere facilitati in questo, se rispetto alla “norma”, si ha una corazza in più che mette una distanza tra l’individuo e la realtà esterna.
Cesare e Giovanni, due mondi diversi a confronto. Prima la distanza di sicurezza, poi il contatto fino ad entrare “l’uno nell’altro”, grazie ad una sintonizzazione permessa da una porta: il silenzio, che è il risultato del porsi in uno stato d’accoglienza, attenzione ed ascolto. Aggiungerei l’osservazione e l’imitazione per comunicare con un linguaggio affine.
Giovanni è una chiave e un filtro che aiuta Cesare ad emergere in un mondo da cui si sente separato e minacciato. Cesare è uno specchio che riflette a Giovanni i suoi demoni d’infanzia: la separazione dalla gemella, la fragilità della nascita prematura, il dipendere dall’altro per sopravvivere, in un modo o nell’altro.
Nei momenti in cui riescono a vedersi, Cesare esce fuori e Giovanni entra dentro di sé. Procedono incontrandosi lì dove si crea un’osmosi che li fa procedere a braccetto in questa conoscenza reciproca, verso ciò che non è prevedibile e controllabile.
Attraverso strumenti di mediazione, Giovanni ha aiutato Cesare a migliorare la sua capacità d’esprimersi senza ricorrere sempre alla rabbia e lo ha responsabilizzato a prendersi cura di sé ma anche dell’altro, a modo suo.
Prima di diventare educatore, Tommasini ha iniziato questo rapporto con Cesare da estraneo al mondo dell’autismo supportato da un team formato dallo psichiatra, lo psicologo e l’assistente sociale. Non essendo un medico, un tecnico, non avendo teorie da cui partire, Giovanni Tommasini ha potuto solo affidarsi all’empatia e all’attesa di segnali d’apertura, finché è riuscito a farsi mettere da Cesare tra “gli oggetti buoni” e quindi a vedere la nascita di un’alleanza, anche nelle birichinate!
Vi invito a leggere “Autismo” perché si crea immedesimazione e c’è sicuramente un frammento di noi che sarà accudito. Questo libro ci parla di una storia umana e di un’amicizia unica.
L’unicità di ognuno di noi è ciò che ci rende tutti degni difronte alla vita.
Serena Derea Squanquerillo
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