La mia cantante donna preferita, Giuni Russo, al secolo Giuseppa Romeo, nata a Palermo nel 1951. Pazzesca, con un’estensione di 5 ottave. È andata via troppo presto, nel 2004, in seguito a un tumore, all’età di 53 anni. In Italia, purtroppo, è stata conosciuta soprattutto per le simpatiche canzoni estive che conosciamo un po’ tutti, dove sicuramente si esprime il suo talento, ma solo in parte. Dopo la sua morte è stata creata l’Associazione Culturale GiuniRussoArte che ne custodisce l’arte e la diffonde, tramandandola anche alle nuove generazioni. Buona lettura e… buon ascolto!
Giuni Russo stessa ha raccontato in alcune interviste, in cui si lamentava delle pressioni di qualcuno che pretendeva lei cantasse solo canzoni più commerciali, mentre lei voleva esprimersi oltre, motivo per cui le hanno messo i bastoni fra le ruote.
Era un genio della sperimentazione, contaminazione e matrimonio di generi: dalla lirica (lei è nata come studiosa di canto lirico, il padre era un baritono lirico), alla musica pop, alla orientale di varie zone, al Jazz, alla musica elettronica e, in particolare negli ultimi tempi della sua vita, alla musica sacra.
Sperimentava con la voce. È noto il suo verso del gabbiano, giocava mimando le trifonie, passava dal registro lirico a quello leggero all’interno di una stessa canzone.
Di seguito, in un’arietta di Gaetano Donizetti riarrangiata in chiave moderna, in cui si passa a quella che, per quello che capisco, considero Fusion. Mi ricorda molto gli Uzeb e Last Train di Pat Metheny.
Vi consiglio, in particolare, di ascoltare il suo album Energie del 1981, prodotto da Battiato e Alberto Radius con gli arrangiamenti di Battiato, Giusto Pio, Maria Antonietta Sisini. I testi e la musica sono stati scritti da Battiato, e Giuni Russo e la Sisini sono autrici di quattro di esse.
Per approfondire:
it.wikipedia.org/wiki/Giuni_Russo
“A Mezzanotte” (G. Donizetti), dall’album “A casa di Ida Rubinstein” del 1988, che consacra Giuni Russo come un’antesignana della musica di confine.
