Questa notte ho tardato a prendere sonno e ho sentito il bisogno di buttare giù “due righe” per una riflessione sulla MORTE. 🦋
Lo so buttata così fa un duro effetto e potresti dirmi “ma dormi che è meglio”. Invece no. Desidero dare una testimonianza.
👉 Ti consiglio di leggere solo se hai tempo, perché le due righe sono davvero lunghe, ma considerando l’argomento non potrebbe essere altrimenti.
Osservando il periodo delicato e stressante che stiamo vivendo a causa della questione Covid che svela una palese e comprensibile paura di morire, mi sto rendendo sempre più conto di quanto pesi nella nostra società la mancanza di una seria e diffusa “cultura della morte” come insieme di informazioni, percezioni e valori riguardo a questo temuto passaggio della vita.
Una cultura che ci educhi nelle nostre convinzioni, che non solo insegni a gestire la paura e a vivere il momento della morte con grande consapevolezza e nel modo più sereno possibile, ma che faccia sì che questo insegnamento sia inserito in un percorso di autoconsapevolezza e crescita personale che per me ognuno dovrebbe fare con l’obiettivo di vivere seguendo la propria dinamica interiore di benessere in vero e profondo contatto con se stesso, in tutte le fasi della vita fino al momento del rilascio del corpo.
Per fortuna anche in Italia sono in crescita e attivi molti Enti e Associazioni di professionisti che si occupano di accompagnamento alla morte e di assistenza ai malati terminali e alle loro famiglie.
Così come esistono numerosi e validi percorsi di crescita personale e tecniche che se applicate con costanza permettono di realizzare un gran lavoro di consapevolezza che permetta alla nostra coscienza di identificarsi non con il corpo fisico e la personalità ma con il nucleo del nostro Essere – quello che in determinate discipline e letterature spirituali e/o esoteriche è chiamato il Testimone, l’Osservatore, la Presenza, il Maestro interiore, Colui a cui accadono le cose – processo che ci permette di percepire una continuità nell’esistenza, al di là dell’esperienza di percepirsi in un veicolo fisico o meno.
Non intendo scrivere un pezzo da manuale per insegnare, (non alle 3 e 33 di notte!) ma desidero condividere i frutti dei miei studi e raccontare la più profonda e mistica esperienza della mia vita, che va considerata come una testimonianza e non come un mio tentativo di cambiare le convinzioni altrui.
Ho già raccontato in altre occasioni il mio incontro ravvicinato con la morte: la prima volta quando mi ha presentato il suo biglietto da visita, essendomi ammalata di cancro; la seconda volta si è mostrata al lavoro, portandosi via a braccetto mio padre.
Non voglio dilungarmi sui dettagli delle due esperienze, ma desidero focalizzarmi su ciò che queste hanno avuto in comune: il mettermi difronte a scelte e prese di coscienza assai importanti, che avrebbero determinato la qualità della mia vita.
Queste esperienze mi hanno insegnato che prima di risolvere la paura della morte, avrei dovuto prima risolvere la mia paura di vivere.
Nel momento in cui ti è chiaro che la paura della perdita della vita o di una separazione rappresentano una occasione di crescita che esperisci come tale, ti dai la possibilità di renderti conto che nel momento in cui impari ad affrontare, con ogni risorsa a disposizione, la paura della morte e a gestirla, impari anche a vivere meglio.
Tutto questo però va inserito, secondo me, in un percorso di autoconsapevolezza che ti insegni prima a percepire te stesso come un essere che si deve riconoscere il diritto di vivere ogni instante della propria vita nel miglior modo possibile, identificando e rispettando le tue vere necessità, rilasciando ciò che non serve più.
E’ un gran lavoro, faticoso ma se ci si applica con onestà verso se stessi, i risultati ci sono.
Se impari a vivere il momento della morte come una fase naturale della vita in cui avviene una sintesi della saggezza che hai raccolto, la morte ti insegna a lasciar andare la paura lasciando il posto, per quanto possibile, alla fiducia che continuerai ad esistere, proprio come fa la Natura.
La morte è di solito definita come l’altra faccia della nascita, ma oserei dire che siano delle compagne di viaggio per cui ogni tanto durante il nostro cammino moriamo un po’, rinascendo in una nuova forma.
La vita è una metamorfosi continua.
Quando raggiungi anche solo un po’ tale risultato, lo senti e lo riconosci.
Ti racconto l’esperienza più profonda e mistica della mia vita… fino ad ora.
È proprio a questo proposito che ti voglio raccontare un’esperienza molto forte, vera e profonda che ho avuto circa 3 anni fa, in una meditazione durante il mio percorso di autoconsapevolezza nella scuola “Via di Shin” di Kryon seguita dal mio insegnante Angelo, in cui ho avuto per me la prova inconfutabile di quanto scritto sopra.
Stavo mettendo in pratica una tecnica chiamata “il respiro dell’infinito” che permette in poche parole di vivere l’esperienza dell’infinito ossia dell’altro lato del velo, senza il bisogno di morire e quindi lasciare il corpo, lavorando in uno stato di fusione con l’Essere di Luce ossia il nostro Sé autentico.
È una pratica che permette di allenarsi a prendere coscienza di cosa significhi morire (lasciare il corpo) restando nella percezione della continuità della vita.
In questo modo ci si allena a non avere paura e a “ricordarsi”, quando sarà il momento, di quanto sarà più facile svestirsi di ciò che è impermanente senza attaccamenti.
Dopo qualche minuto dall’inizio della meditazione, ho cominciato a sentire la mia coscienza dolcemente attratta verso l’interno, come se dalla periferia ossia il corpo fisico, fossi fatta indietreggiare verso un nucleo, un centro, rimuovendo livelli su livelli di vesti per arrivare alla pura nudità.
Mi sono ritrovata in uno stato estatico di immensa beatitudine, in cui ero essenzialmente completa consapevolezza, ero il Tutto, in un vuoto illuminato ma ero anche il vuoto.
Lo stato del puro Essere.
Uno stato decisamente ineffabile, ma NON inarrivabile come qualcuno continua a volerci far credere.
Una luce di forza e splendore indicibili, che alla fine di tale esperienza si è svelata essere anche una luce fisica: faticavo a riaprire gli occhi, perché faceva male per quanto questa fosse forte.
Una condizione dove non sei solo, dove hai tutto ma non hai bisogno di nulla, dove non esiste alcuna direzione, non un sopra o un sotto; dove semplicemente sei e sai di esistere da sempre e che sempre esisterai.
Un senza forma che se dovesse essere rappresentato come tale, sarebbe senz’altro un unico occhio testimone della vita.
All’inizio mi sono un po’ spaventata perché non me l’aspettavo e anche perché mi sono accorta che (come poi ho avuto modo di calcolare) non stavo respirando biologicamente da più di 10 minuti, non ne avevo bisogno (è esattamente ciò che si impara a gestire con quel tipo di respirazione).
Ero contemporaneamente consapevole del mio corpo, tanto da sentir vibrare ogni mia particella e cellula ad una frequenza altissima.
Sentivo il mio cuore fisico come “ingrandirsi” pulsando ma al sicuro, come se mi avessero messo un cuscino attorno ad esso per proteggerlo.
Mi accorgevo di ciò che stava accadendo intorno e sentivo Angelo parlare, ero qui ma ero anche lì, ero in un punto preciso ma anche ovunque.
Dicevo che all’inizio ho avuto un po’ paura perché non mi sarei mai aspettata di vivere un’esperienza del genere, tant’è che nel momento in cui mi sono chiesta: “oddio cosa sta succedendo?”, ho sentito una voce che era parte di me, rispondermi: “stai respirando l’infinito”.
In quel momento la mia paura si è dissolta nella consapevolezza di sentirmi amata e compresa in tutto ciò che è la Vita.
Nel momento in cui ho cominciato a “tornare” e a respirare normalmente, pur continuando a vibrare nel fisico (è durato qualche ora), è stato come nascere di nuovo con una sensazione di freschezza, di rigenerazione e la stabile e forte consapevolezza di non essere mai andata via, di non aver mai perso nulla ma di aver trovato la prova, per me inconfutabile, dell’eternità dell’esistenza.
Io quel giorno sono davvero morta, restando viva.
Lo so, ne sono certa.
Questo è stato il mio modo soggettivo di arrivare a fare l’esperienza dell’eterno ed ognuno può arrivare a farla a modo suo, ma so che ciò che ho “visto” è oggettivo, siamo noi.
Se sono riuscita io, possiamo farlo tutti.
Avrei voluto dare una testimonianza più sintetica ma tentare di descrivere e definire l’infinità della vita che si manifesta e si declina in più fasi, è un’impresa impegnativa per quanto il tutto sia in realtà di una semplicità imbarazzante.
Sono le 4.38, ti lascio con la fiducia di averti lasciato abbastanza confuso da stimolarti a cercare risposte alle tue domande su come prenderti cura di te con amore in vita e su come rendere la morte una tua alleata che ti insegni a vivere meglio ogni fase della tua esistenza.
Un’alleata che ti accompagnerà fino a quel momento inevitabile, ma sincero in cui ti mostrerà che la falce non distrugge ma recide attaccamenti verso ciò che ha compiuto la sua funzione.
Spero di aver trasmesso un messaggio rassicurante e di fiducia e poiché voglio dare l’esempio, in questo mese di settembre, continuerò il mio percorso di autoconsapevolezza, partecipando a un seminario chiamato “Comprendere la morte, accompagnare la vita”.
Uno dei gesti d’amore più importanti che possa fare nei miei confronti.
Ve ne parlerò.
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Grazie Serena per questa grandiosa testimonianza e per le tue preziose riflessioni. È importante parlarne e liberare ogni pensiero che contenga paura. X me È l’amante della vita ed è prepararsi alla rinascita, ci vorrebbero più insegnamenti in proposito. Fammi sapere come va il tuo prossimo corso che hai citato e se percepirai che “s’ha da fare” per ognuno di noi.
Ti abbraccio forte❤️