Oggi, per la sezione interviste ho il piacere di ospitare Lorenzo Mancini, bassista e contrabbassista, originario di Velletri, a sud di Roma. Il musicista ci racconta gli inizi, la formazione, le preziose collaborazioni, i tour in Italia e all’estero fino a oggi. È anche insegnante di basso elettrico presso alcune scuole sul territorio.
Lorenzo come nasce la tua esperienza con il basso elettrico e il contrabbasso? Qual è stato il tuo percorso formativo?
La mia esperienza nasce con la classica band in cantina. In realtà, all’epoca avrei voluto suonare la chitarra, ma in quel momento serviva un bassista, quindi mi sono adattato e non avrei mai immaginato che questo strumento mi sarebbe piaciuto così tanto. Dopo poco ho iniziato a studiarlo privatamente e da lì mi sono avvicinato al contrabbasso, frequentando sia il conservatorio di Latina (O. Respighi) che quello di Roma (Santa Cecilia).
In quegli anni ho iniziato a suonare in maniera più professionale con dei gruppi locali, come i Cappello a Cilindro, Eva Mon Amour e Aka Slim Scifoni. Mi ricordo tantissimi chilometri in furgone!
Ho avuto la fortuna di aver sempre suonato molti generi musicali diversi, dalla classica al rock, dal jazz al pop. Penso che per un musicista sia fondamentale non chiudersi, ma avere la continua curiosità di capire come si muove il proprio strumento dentro ad altre categorie musicali.
Quali sono i bassisti che ti hanno ispirato di più e che hanno avuto un impatto fondamentale nella tua formazione e carriera?
Quando ero adolescente ascoltavo tantissimo rock ed heavy metal, quindi ero fortemente influenzato da quel genere di bassisti. Dai Guns N’ Roses agli Iron Maiden e anche generi più estremi, senza mai suonare questi tipi di musica. Solo più tardi mi sono avvicinato ai grandi bassisti Pastorius, Marcus Miller, Victor Wooten ecc..
Ricordo che quando avevo quattordici anni, il mio insegnante mi fece sentire Jaco Pastorius, ma non ebbi una grande impressione. Adesso lo adoro.
Per il contrabbasso è stata quasi la stessa cosa. Ho iniziato studiando classica e solo successivamente i grandi contrabbassisti jazz Paul Chambers, Dave Holland e Scott LaFaro. Sinceramente penso che sia stato un bene per me, perché se mi ci fossi avvicinato prima, non penso che li avrei capiti appieno.
Tu hai collaborato e collabori tutt’ora con musicisti locali affermati e anche con artisti di fama nazionale e internazionale, di cui sei bassista ufficiale e con cui vai in tour. Possiamo segnalare la recente esperienza in Venezuela. Ci parli un po’ di queste collaborazioni?
Inizio con il dire che mi sento veramente fortunato ad aver collaborato e a collaborare con grandi personalità. Ho tantissimi cari ricordi. Per esempio ho fatto dei concerti con Antonello Vannucchi, di cui piangiamo la recente scomparsa. Oltre a essere un immenso pianista jazz, era una persona di una gentilezza estrema.
Nel 2019 ho iniziato a collaborare con Mauro Maur e Françoise de Clossey. Con loro è stato un colpo di fulmine, siamo diventati immediatamente grandi amici e abbiamo fatto dei concerti meravigliosi in giro per il mondo. Alcuni qui in Italia, in Europa, poi abbiamo fatto un lungo tour in Giappone e all’inizio di quest’estate siamo volati in Venezuela, precisamente a Caracas. Sono state due esperienze che mi hanno letteralmente cambiato la vita. Il Giappone è una nazione grandiosa, i suoi teatri sono immensi, il suo popolo meraviglioso e ogni volta che con il maestro Maur ricordiamo quei giorni, ci sale un gran senso di nostalgia.
Per Caracas invece provo un amore folle. Le sue contraddizioni, i suoi colori e la sua gente allegra. Non avevo mai suonato davanti a un pubblico così caloroso. È stato fantastico.
Nello stesso anno ho iniziato a collaborare con un’altra grande star della musica italiana, Anna Oxa. È veramente emozionante suonare canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana ed è motivo di grande orgoglio.
Un altro progetto di cui vado enormemente fiero è l’Orchestra del Paese Immobile (OPI, band di Velletri ndr), nato da poco tempo, ma che sta riscuotendo tantissimo successo. Tutto è nato dall’unione delle poesie di Roberto Zaccagnini (tra i custodi e studiosi della cultura e storia veliterni ndr) e le musiche del musicista Matteo Scannicchio. Invito tutti ad andare a sentirla.
Tu sei anche docente di basso elettrico in diverse scuole del territorio. Com’è la tua esperienza da insegnante? Domanda “simpatica”: ti senti più musicista o più insegnante?
Se non ricordo male, ho iniziato a insegnare nel 2010 o forse anche prima.
L’insegnante, secondo me, ha un ruolo fondamentale per far amare il proprio strumento all’allievo. Personalmente cerco di non essere mai “passivo“ nell’approccio a un argomento. Faccio sempre mettere in pratica quello che ho spiegato magari con degli esercizi mirati oppure semplicemente con una canzone. Non nego che provo una grande emozione quando l’allievo che ho davanti riesce a fare un saggio o magari una canzone senza mai sbagliare dall’inizio alla fine.
Ma pur provando queste belle sensazioni, la mia dimensione rimane quella del palco. Adoro quella scarica di adrenalina che ho prima di iniziare, quella concentrazione che mi porta quasi a distaccarmi dalla realtà. Non potrei vivere senza.
Parliamo di “fusion”. È un genere musicale che fonde jazz, rock e funk ed è particolarmente presente nel tuo repertorio. So che lo ami molto e che hai attivi diversi progetti a riguardo, tra cui il “ConFusion Trio”. Ce ne parli?
L’amore per questo genere musicale è nato da pochi anni. Nel 2020, in piena pandemia, con due carissimi amici e colleghi, Daniele Manciocchi e Fabiano Giovannelli, abbiamo deciso di registrare un disco (Wolves ”Immagini”). Tutte le composizioni incluse riguardano un po’ questo genere. Da lì ho iniziato ad ascoltare di più artisti che facessero questo tipo di musica: Alain Caron e Gary Willis sono i bassisti che amo di più.
I ConFusion sono nati da poco dall’incontro tra tre amici che adorano questo genere. C’è Marco De Santis alla chitarra e Marco Capano alla batteria.
Purtroppo non è semplice trovare situazioni dove poter suonare. Diciamo che la dimensione live sta diventando sempre più difficile per i piccoli progetti. Ma noi teniamo duro.
Il tuo sogno più grande in questo momento? Se lo vuoi dire.
Il mio sogno più grande è quello che mi auguro da tutta la vita. Continuare a fare questo lavoro nel migliore dei modi e incontrare persone fantastiche sul mio cammino.
“Fare il musicista” spesso non viene capito. La maggior parte delle persone vede soltanto il lato divertente; può essere il grande palco o il club dove stai suonando. Ma dietro a tutto questo ci sono ore di studio, prove e anche grandi momenti di insicurezza.
È comunque un lavoro meraviglioso e mi auguro veramente di riuscire a farlo sempre.
Per approfondire.
Profilo Facebook: Lorenzo Mancini
Instagram: lorenzo_mancinibass
Di seguito alcune immagini e video.