Quando arriva l’ispirazione di scrivere un nuovo articolo, c’è sempre un’immagine, una frase, una parola-chiave che si presenta già qualche giorno prima tra quelle che sento danzare intorno a me. 🩰
Protagonista stavolta è la parola ‘distanza‘ 🔛, la prima ballerina ad aver calzato le sue scarpette e ad aver dato inizio al proprio balletto.
Nel momento in cui, aprendo a caso il libro “Il Giardino del Profeta” di Khalil Gibran, mi sono imbattuta nella pagina a tema che pubblico qui, ho capito che era il momento giusto per scrivere il mio sentire.
Non ho la capacità espressiva di Gibran, ciò che esprime è immenso e la forma in cui lo esprime poetica, essenziale e magicamente evocativa rispetto alla grandezza del significato a cui attinge quale indagatore dei mondi interiori.
Lo sento familiare e ogni tanto lo cito per completare e sondare ulteriormente la profondità dell’oggetto che considero.
Le sue parole in questo testo sono certamente interpretabili su più livelli: dal più metafisico, spirituale a quello più “terreno” e tangibile.
Ora, sento la necessità di dare maggior peso alla dimensione più umana che spirituale, nonostante non le consideri e non le viva mai come separate.
Da quasi un anno stiamo esperendo per via delle restrizioni in atto una distanza che, nonostante ognuno di noi la viva a modo suo, non c’è dubbio che sia un’esperienza dolorosa e come una forzatura innaturale, al di là del fatto che possa essere considerata necessaria.
Non voglio addentrarmi in questo.
Personalmente ho aggiunto la distanza alla lista di risorse che mi sta insegnando dei valori da non dare mai per scontato.
La distanza fisica forzata da chi amo ed è lontano geograficamente:
mi sta preparando ad assaporare anima e corpo il prossimo abbraccio, gustando ogni contatto, centimetro di pelle, ogni stretta.
La distanza emotiva da chi è solito condividere a pelle con me un’emozione di dolore o di gioia:
mi sta insegnando a sentirlo e riconoscerlo nel cuore, quando si mette su un muro a causa della paura, compresa quella del contatto, della stanchezza ma anche della diffidenza che ultimamente stanno creando molta separazione.
La distanza mentale tra me e chi ha convinzioni e idee differenti anche su come affrontare questo periodo delicato:
mi sta insegnando che, anche se le divergenze si fanno pressanti e ciò che era interazione si trasforma in silenzio, resta per me la fiducia nella saggezza che ripara o in caso contrario il rispetto per la fine di ciò che non è più funzionale.
La distanza mi sta insegnando a non sfidarla e a investire le mie forze e le mie energie focalizzandomi sul progetto di ‘vicinanza’ che sto architettando e costruendo passo dopo passo.
E quando provo tristezza e mi sento demotivata, comincio a camminare e a danzare per vedere me stessa venirmi incontro e incrociare i miei passi per abbracciarmi in una magia.
Ora vado a passeggiare nel Giardino con Khalil per immergermi nel balsamo rasserenante dello Spirito.
Potrei non conoscerti, ma voglio esserti vicina.
Buona lettura!